Azzardo, la prevenzione fa calare la voglia di gioco (Corriere delle Alpi maggio 2017)

TRENTO. Da una parte stanno gli organi amministrativi e politici delle regioni, provincie autonome e dei comuni italiani che, stimolati dall’opinione pubblica con le analisi allarmanti degli esperti di ludopatie, da anni cercano modi per arginare il fenomeno del gioco d’azzardo. Dall’altra parte sta la visione liberista, e con essa le richieste alla politica e alla magistratura delle società che gestiscono il gioco o lo ospitano (come esercenti di locali con le slot machine, per esempio).

Ieri pomeriggio nella Sala Calepini della Camera di Commercio, con il dibattito pubblico “Trentino: prima analisi sul gioco. Ipotesi e proposte per una nuova legge”, è andato in scena questo conflitto. Il primo passaggio è stato la presentazione dell’Indagine demoscopica 2016 “Gli italiani e il gioco d’azzardo. La percezione, il gioco d’azzardo patologico, le nuove regole”, commissionata dalla Siipac (Società Italiana Intervento Patologie Compulsive) all’Istituto Quaeris. L’indagine ha analizzato le risposte di oltre duemila intervistati, con un supplemento di campione di 500 persone nelle provincie di Trento e Bolzano.

Emerge che il 3% degli intervistati dichiara di giocare abitualmente oltre 100 euro, mentre il 10% gioca abitualmente comunque più di 10 euro. Le donne scommettono cifre inferiori agli uomini, con motivazioni diverse: per le donne giocare d’azzardo è una ricerca di fuga dalla realtà, per gli uomini una questione di rincorsa di emozioni. In ogni caso che il gioco d’azzardo sia motivo di allarme sociale dimostra l’altissima percentuale (92%) di risposte positive alla domanda: «Ritiene importante che Comuni e Regioni facciano prevenzione nei confronti del gioco d’azzardo?». Per altro l’85,3 % del campione ritiene però inefficaci le politiche di prevenzione. Venendo alle risposte territoriali, emerge dall’indagine che in provincia di Trento il 66,9% degli intervistati dichiara di conoscere le politiche di prevenzione attuate dagli enti pubblici, con un risultato ribaltato per la provincia di Bolzano, dove il 63,3% non le conosce invece.

In sala era presente anche l’avvocato Geronimo Cardia, difensore degli interessi e delle istanze legali dei gestori del gioco, che ha spiegato come e perché spesso le regolamentazioni comunali e locali che limitano orario di apertura delle sale giochi o locali con slot- machine e distanze dai cosiddetti luoghi sensibili, vengono cassate dai Tar o dal Consiglio di Stato. L’assessore Zeni ha concordato con i promotori del dibattito che l’intenzione della Provincia di Trento non è il proibizionismo, ma ha rivendicato la visione espressamente limitativa della legge provinciale n. 13 del luglio 2015, che limita orari e distanze.

Zeni ha quindi ricordato l’importanza centrale della prevenzione, per creare attenzione e cultura del gioco. «Quando parlo con gli esperti dei Centri di Auto mutuo aiuto mi dicono che è l’occasione a creare il giocatore. La diffusa presenza di siti di gioco aumenta il rischio di eccessi e il gioco stesso. Le attività che abbiamo portato

alle scuole – ha ricordato – hanno intercettato diecimila studenti». Rispetto alla legge, che concede cinque anni per l’adeguamento ai locali e sale già esistenti, ha commentato, difendendone la logica «Vedremo cosa diranno i magistrati sull’ eventuale non correttezza giuridica del testo».

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