L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DI ACADI GERONIMO CARDIA IN AUDIZIONE INFORMALE ALLE COMMISSIONI RIUNITE XI (Lavoro Pubblico e Privato) e XII (Affari sociali) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

 

 

Audizione informale alle Commissioni riunite XI (Lavoro pubblico e privato) e XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei Deputati del 4.3.2019

I concessionari aderenti ad ACADI rappresentano oltre il 70% del sistema di controllo del gioco regolamentato in Italia, generando e versando oltre 7 dei circa 10 miliardi di euro all’anno di gettito erariale, riveniente dalla spesa degli utenti con il gioco pubblico pari a circa 18,5 miliardi di euro all’anno. Il sistema concessorio, strumento di esercizio della riserva di legge allo Stato finalizzata al controllo dell’offerta ed al perseguimento di obiettivi di interessi pubblici, garantisce: (a) il rispetto della legalità e delle regole del gioco pubblico; (b) il contrasto alla criminalità organizzata con presidio del territorio e del comparto; (c) la tutela dei consumatori, con offerta di prodotti controllati, regolati e misurati; (d) l’attuazione di interventi diretti ed immediati per la prevenzione del disturbo di gioco d’azzardo; (e) lo sviluppo economico sia in termini di impresa (la filiera distributiva è da anni strutturata in circa 100.000 aziende) sia in termini di occupazione, per le molte decine di migliaia di posti di lavoro come indicato nelle tabelle allegate; (f) l’emersione di gettito erariale altrimenti sommerso; (g) di finanziare importanti misure di politica economica come quelle in esame oggi. Numerosi sono stati gli aumenti di tassazione imposti al comparto del gioco pubblico che si sono susseguiti nel tempo, dal rilascio delle concessioni.   La tabella allegata mette in evidenza la misura nonché l’impatto diretto e sostanzialmente esclusivo sul comparto posto che gli aumenti sono concepiti in misura diversa da meri aumenti di tariffe. Peraltro, da una stima risulta che l’aumento imposto con i tre provvedimenti degli ultimi sei mesi ammonta a circa un miliardo e cinquecento milioni di Euro che rappresenta circa il 27% dei ricavi della filiera della verticale distributiva su rete fisica degli apparecchi. Il livello di pressione fiscale attuale sul margine lordo ha raggiunto per le AWP il 68,9% e per le VLT il 51.9% e, in ragione della legislazione vigente, è destinato ad arrivare rispettivamente al 70,5% ed al 55% nella fase finale del periodo di affidamento della gestione telematica degli apparecchi da intrattenimento.

Lo stesso Rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio “Focus tematico n. 6 – La fiscalità nel settore dei giochi” del maggio 2018 denunzia che “Gli aumenti delle aliquote a fronte di una domanda di giochi che mostra generalmente una elevata elasticità al prezzo e, soprattutto, la riduzione dei punti di vendita potrebbero comportare una significativa flessione della raccolta complessiva, indebolendo la stabilità economica della filiera e causando una riduzione delle entrate erariali. La corrente sostenibilità economica del comparto deriva da investimenti passati, intrapresi sulla base di condizioni fiscali più convenienti.”    Ebbene si consideri che tale scenario è formulato addirittura prima dei tre ulteriori aumenti del prelievo sulla tipologia di apparecchi AWP, dei due su quella VLT e di quello sulle scommesse e sui giochi online, imposti con il Decreto Dignità di agosto, con la Legge di stabilità 2019 di dicembre e con il Decreto Quota Cento e Reddito di Cittadinanza di questi giorni.

Non solo, tale scenario prescinde anche dalle conseguenze delle misure imposte da Regioni e Comuni che, vietando la distribuzione del gioco pubblico dalla sostanziale totalità del territorio, determinano la marginalizzazione se non l’effetto espulsivo dell’offerta legale. Si tratta di misure che, oltre a non essere armonizzate tra di loro e con la normativa nazionale, oltre a non essere riconosciute come efficaci per la prevenzione dalle più recenti ricerche epidemiologiche pubbliche (Istituto Superiore di Sanità, CNR altri studi scientifici), determinano il venir meno dell’offerta pubblica su intere aree di territorio del relativo gettito erariale (oltre che di numerosi posti di lavoro).    Vi sono già, negli ultimi mesi, segnali degli effetti di riduzione della raccolta di gioco con apparecchi da intrattenimento (base imponibile del prelievo) e solo il reiterato aumento delle aliquote di prelievo garantisce stabilità di gettito (modificando tuttavia le condizioni di esercizio delle concessioni, il loro equilibrio e la sostenibilità degli investimenti imposti dalle stesse concessioni).

Ma la continuità di gettito erariale sarà ancor più difficile da mantenere nei prossimi mesi quando importanti riduzioni della rete distributiva in concessione saranno provocate dalle misure espulsive regionali in Emilia-Romagna, Puglia, Toscana, aggiungendosi a quelle già in essere in Piemonte che peraltro espellerà anche dalle sale il gioco pubblico con gli apparecchi a partire da maggio 2019.

Si deve quindi evidenziare che gli aumenti di tassazione già rilevati dall’UPB e quelli plurimi recenti, da un lato, e l’espulsione del gioco pubblico da intere aree regionali, dall’altro, oltre ad indebolire il controllo pubblico del gioco fino ad eliminarlo da intere aree, oltre a non rappresentare un’autentica misura di tutela per l’utente, rappresentano un rischio concreto di espansione dell’offerta illegale e di seria instabilità delle entrate per la copertura delle iniziative di Governo dichiarate nel Dl 4/2019.

In questo contesto di incertezza, peraltro, si devono registrare altresì richieste, da parte dello Stato al comparto, di nuovi ed immediati investimenti per decine di milioni di Euro per l’introduzione imposta di nuovi modelli di apparecchi (AWPR) e di nuove misure tecnologiche (come la tessera sanitaria), il tutto in prossimità della scadenza delle concessioni, senza che vi siano né i tempi per la copertura degli investimenti né la stabilità e la certezza che si impongono per programmare le coperture dei fabbisogni necessari.   Peraltro, parrebbero anche avviate le attività di finalizzazione delle gare dei punti scommesse e delle concessioni bingo (pure fondamentali per finalmente uscire dal regime di incertezza delle proroghe ripetute che si susseguono dal 2016) che tuttavia intervengono senza che sia risolta la “Questione Territoriale”, non essendosi le Regioni adeguate alla Conferenza Unificata, peraltro non attuata, nonostante il precetto della legge di stabilità 2018 e non risultando quindi rimossi gli errori tecnici delle norme locali che impediscono di fatto di mettere a terra i punti eventualmente assegnati a seguito dello svolgimento delle gare.

I concessionari aderenti ad ACADI sono convinti che il sistema concessorio garantisca l’adeguato presidio del settore del gioco con vincite in denaro tramite le reti in concessione, e che con un adeguato riordino del settore si possa continuare a contrastare l’illegalità, nonché a garantire la tutela dei consumatori ed una concreta possibilità di prevenzione delle dipendenze dal disturbo da gioco d’azzardo, direttamente nelle reti di vendita legali.  I concessionari dello Stato gestiscono l’economia del gioco legale con imprese sane ed oggi al servizio dello Stato e danno molte decine di migliaia di posti di lavoro, contribuendo altresì alle entrate erariali, sino ad oggi dichiarate strutturali ed attese da tutti i provvedimenti governativi.

Si ritiene, quindi, essenziale riattivare l’interlocuzione qualificata per condividere il bagaglio esperienziale su temi centrali, dai risvolti sociali, sanitari, di ordine pubblico, di tutela di gettito, delle imprese e del lavoro, anche per questo di natura estremamente tecnica.

Altrimenti, così continuando, senza un adeguato presidio del settore del gioco in denaro tramite le reti in concessione, il Paese sarà costretto ad una nuova stagione di illegalità, di assenza di tutela dei consumatori e di mancanza di una concreta possibilità di prevenzione delle dipendenze direttamente nelle reti di vendita legali. Il tutto senza agire in concreto sulla rilevante problematica del gioco compulsivo, da un lato, e distruggendo economia legale con la chiusura di imprese sane ed oggi al servizio dello Stato e con la perdita di molte decine di migliaia di posti di lavoro, dall’altro, facendo poi venir meno entrate erariali sino ad oggi dichiarate strutturali ed attese dal provvedimento oggi in discussione.

 

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