I DATI PRIMA DEI LIMITI (GIOCONEWS LUGLIO/AGOSTO 2017)

La giurisprudenza comincia a imporre alle ordinanze territoriali limitative di orari di essere supportate da studi specifici che ne giustifichino esistenza e proporzionalità.

Ci sono due  pronunce  di  merito  in  materia di limitazioni  di orari di gioco che offrono un contributo  concreto alla definizione  dei principi  che devono  caratterizzare  la normativa territoriale  in materia.

Il 2 Maggio 2017 è stata pubblicata una sentenza  in forma  semplificata, adottata  presso il Tar Molise in sede di deci- sione  della domanda  cautelare  che si presenta  di assoluto interesse,  in quanto  consente  di cristallizzare alcuni prin- cipi critici che viziano numerose ordinanze  comunali limitative di orari (si tratta della sentenza  n. 156/2017 Reg.Prov. Coll., n. 00127/2017 Reg. Ric.).

La sentenza  ha annullato  l’ordinanza sindacale  di Campobasso (la numero  6 del 12 gennaio  2017), avente ad oggetto la “disciplina comunale  degli orari di funzionamento apparecchi per il gioco lecito con vincita in denaro, installati ne- gli esercizi autorizzati ex art. 86 e 88 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza e negli esercizi commerciali ove è consentita  la loro installazione”.

Nella  sentenza  che  ha  ritenuto  fondato  il ricorso, si leg- ge chiaramente che “il Sindaco del Comune  ha un potere contingibile  e urgente  di ordinanza  per la tutela dell’igiene e della salute  pubblica (articolo 50 del T.u.e.l. – D.Lgs. n.267/2000 e s.m.i.) e persino della sicurezza urbana (aricolo.54 T.u.e.l.)”  ma anche che “in assenza di un’apposita istruttoria  che  provi, ad  esempio,  l’insufficienza  delle  misure preventive e terapeutiche  poste in essere dalle strutture sanitarie  pubbliche  rispetto  a fenomeni  di codipendenza psicologica ovvero metta in luce altre fenomenologie di contesto,  il provvedimento contingibile  e urgente  difetta degli elementi di fatto e motivazionali che giustifichino l’intervento  “extra ordinem”  dell’autorità  comunale”.  L’affermazione   è  molto  interessante perché  consente  di  fo- calizzare con maggiore  precisione  quali siano  le indagini che il Comune  deve dimostrare  di avere portato a termine affinché  possa dimostrare  di avere legiferato  consapevolmente  ed opportunamente.

Viene chiesto  che l’istruttoria metta  in evidenza  non  solo l’inquadramento del fenomeno della ludopatia sullo specifico territorio  di interesse  ma anche che tutte le misure  in essere (e nella sentenza si citano ad esempio quelle preventive e terapeutiche  poste in essere dalle strutture  sanitarie pubbliche) risultino  insufficienti.  L’istruttoria potrebbe  in alternativa  evidenziare  “altre  fenomenologie di contesto” senza le quali però il provvedimento risulta illegittimo. Peraltro, è da tempo  che gli operatori  stanno  cercando  di mettere  in luce che andrebbe  altresì dimostrata  – e scienti- ficamente  –  l’idoneità della misura  a perseguire  lo scopo. Perché  se  l’interesse  tutelato  è  quello  del  contenimento della ludopatia, molti sono i dubbi che la riduzione  dell’orario  di offerta  legale sia azione  idonea  ad incidere  sulla dipendenza.     Su questo  ormai  sono anni  che ci si chiede e si chiede se la riduzione  dell’orario di apertura  delle pa- sticcerie  possa  avere  o meno  un’incidenza  sul fenomeno del diabete del territorio di riferimento.   E l’esempio, più fa sorridere, più rende l’idea di quanto amare debbano essere le considerazioni  sui proclami a commento delle ordinanze in commento.  Allo stesso tempo, se l’interesse tutelato risulta essere quel- lo del contenimento del traffico, occorrerebbe provare qua- le sia il volume effettivo di spostamenti che risulta generato dal gioco pubblico, piuttosto  che da altri servizi offerti sul territorio. E ancora, laddove l’interesse tutelato sia la quiete pubblica, andrebbe  provato quanto essa sia lesa dalle attivi- tà degli avventori del gioco legale, piuttosto  che da attività in cui vengono  erogate  altri servizi. Spesso e volentieri  il problema  è che ci si debba  confrontare  con affermazioni apodittiche  non sorrette  dai necessari riscontri empirici. A tale conclusione  la sentenza  perviene  anche  valorizzando le risultanze della sentenza  Corte Costituzionale  n. 220 del 2014 che se, da un lato, “ha considerato  pienamente legit- timo  l’utilizzo in questo  campo dei poteri  di ordinanza  ex art. 50, comma  7, del T.u.e.l. per esigenze di tutela della salute”, dall’altro, tuttavia non ha escluso il principio secondo cui “i provvedimenti  comunali  di contrasto  della ludopatia (benché ancorati a disposizioni di legge regionale), devono riguardare  aspetti specifici della comunità  locale amministrata, non  già la questione  nella sua generica  definizione sociale”.

LE MOTIVAZIONI   DEI GIUDICI  – I Giudici del Molise hanno  quindi  giustamente  rappresentato  che  “le limitazioni di orario (…) troverebbero  giustificazione  (…) in esigenze concrete – da dimostrare  volta per volta – di prevenire, al- meno  per  un  periodo  di tempo  limitato  (stante  la natura provvisoria e contingente di tali misure) il fenomeno de la ludopatia  tra  le fasce più  deboli  della popolazione,  ad esempio,  gli adolescenti,  ovvero di contenere il fenomeno dell’evasione scolastica durante  l’anno scolastico, ovvero ancora  di regolare  i problemi  di traffico e viabilità dovu- ti  all’afflusso notevole  di  utenza  in  prossimità  dei  locali di gioco-scommesse, e via dicendo”.  I Giudici sono molto chiari quando  precisano  che “tutto questo  non  può essere semplicemente affermato in via apodittica ma deve trovare riscontro  nei dati che l’Amministrazione  comunale  può e deve acquisire, in  via istruttoria,  in  sede  procedimentale, prima di adottare  un provvedimento di tal genere  e di tale impatto.    Pertanto,  è insufficiente  e, comunque,  tardiva la giustificazione  postuma  fornita dalla difesa della resisten- te, versando  in atti l’allegazione di dati parziali del S.e.r.t.- A.S.Re.M., sulla diffusione  territoriale  della ludopatia”. Da tale  ultima  affermazione  si può  anche  ricavare  l’interes- sante assunto proposto dai Giudici secondo cui l’istruttoria richiesta debba essere necessariamente preventiva, non potendosi in alcun modo concepire come sananti spunti valu- tativi successivi al concepimento delle limitazioni  di orari, quali quelli delle difese prodotte  in giudizi incardinati  per l’impugnazione  dei provvedimenti  comunali.

Il 12 giugno  2017 è stata  poi  pubblicata  una  sentenza  di merito,  adottata   presso  il  Tar  Toscana,  che  ha  annullato l’ordinanza  del Sindaco del Comune  di Grosseto  n. 98 del 07.10.2016 sulla “disciplina orari di apertura  sale giochi autorizzate  ai sensi degli artt. 86 e 88 Tulps (…) e di funzionamento degli apparecchi  con vincita in denaro  di cui all’art. 110 c. 8 Tulps (…) installati negli esercizi autorizzati ai seni degli artt. 86 e 88 Tulps” (si tratta  della sentenza  n.00806/2017 Reg. Prov. Coll., n. 01649/2016 Reg. Ric.). In questo  caso i Giudici hanno  preliminarmente ribadito ma  anche  opportunamente  riordinato   precedenti   giurisprudenziali  secondo  cui: è necessario “che il potere  di li- mitazione degli orari sia assistito da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale  di riferimento e non  carat- terizzato  da evidenti  illogicità o irragionevolezze  che  in- cidano  sulla legittimità  del provvedimento”;  “l’intervento dell’autorità  in materia  di apertura  delle sale giochi deve contemplare   un  accurato  bilanciamento tra  valori ugual- mente sensibili (il diritto alla salute e l’iniziativa economica privata), sulla scorta  di approfondite  indagini  sulla realtà sociale  della  zona  e  sui  quartieri  limitrofi,  con  l’acquisizione  di dati ed informazioni – il più possibile dettagliati ed aggiornati  – su tendenze ed abitudini  dei soggetti coinvolti”. Infine, “sono pertanto  da ritenersi  insufficienti i generici  riferimenti  a ‘non meglio  specificati “studi  clinici” in ordine  alle dipendenze patologiche  da gioco (…) o altri generici riferimenti’”.

Ma quel più rileva è che i Giudici si sono altresì spinti ad operare  una valutazione compiuta  della relazione  istruttoria sottoposta dal Comune interessato, giungendo  a rilevare il fatto che essa “si presenta  caratterizzata  da una serie di insufficienze istruttorie  e contraddittorietà che non possono non inficiare la successiva determinazione degli orari di apertura  delle sale gioco (peraltro caratterizzata  anche  da ulteriori ed autonome contraddittorietà rispetto all’apporto istruttorio)”.  Nella sentenza in esame vengono affrontate nel dettaglio le rilevate debolezze del mezzo istruttorio, laddove viene specificato che “a) (…) irrilevante appaia il riferimento agli studi americani in materia di dipendenza dal gioco (…), trattandosi  (…) di studi che si riferiscono ad altro contesto e non possono certamente evidenziare particolari problemati- cità sussistenti sul territorio del Comune di Grosseto;  b) (…) i pochi dati  (…) si riferiscano all’intera Provincia  (…) e non al territorio  comunale  e siano pertanto  da ritenersi  non uti- lizzabili, non apparendo focalizzati sul territorio del Comune che ha emanato  l’ordinanza (…); c) (…) non [si] evidenzi per nulla quanti siano i soggetti in trattamento per problemi di ludopatia sul territorio  comunale  o interessati  dalla relativa problematica  (ed anzi riconosca come non  vi siano dati at- tendibili al proposito), così rendendo impossibile una valutazione in ordine alla consistenza  statistica del fenomeno e al relativo allarme sociale; d) (…) l’incidenza della ludopatia sul territorio  comunale  non  possa essere desunta  dall’aumento degli esercizi commerciali con Vlt presenti sul territorio, do- vendosi operare  una distinzione  tra aumento  degli esercizi di gioco (di per sé permessa dall’ordinamento)  e serio accer- tamento  della sussistenza  di un’abnorme presenza del feno- meno  della ludopatia  sul territorio;    e) (…) illogico e con- traddittorio appaia il riferimento  (…) all’indagine statistica condotta  in un liceo  (…), dovendo  ritenersi  che la risposta positiva  alla domanda  sulla dannosità  del gioco d’azzardo possa essere ritenuta  idonea ad evidenziare, più che la sus- sistenza  di una condizione  patologica di ludopatia, una più matura consapevolezza dei rischi dell’attività cui ci si dedica (…); f ) (…) il contributo istruttorio  (…) individui l’incidenza del gioco in fasce d’età (soprattutto, la fascia 42-57 anni) non giovanili, così evidenziando  una sostanziale  contraddizione con la preoccupazione  di tutela dei minori posta ad espressa giustificazione dell’ordinanza impugnata;    g) (…) non possa essere attribuita  alcuna rilevanza ai dati contenuti  nelle re- lazione   (…) successiva all’emanazione  dell’atto impugnato e che non può “sanare” a posteriori l’evidente vizio di istrut- toria sopra rilevato;    h) (…) anche detta relazione individui una  sostanziale  incidenza  dei soggetti  interessati  dalla lu- dopatia  sul territorio  comunale  (in buona  sostanza, lo 0,04 percento)  inferiore  all’incidenza  media  del  fenomeno  sul  territorio  nazionale  (stimata dallo studio  Espad nello 0,5-2,2 percento della popolazione nazionale) ed alla conseguente proiezione  sul territorio  regionale;   i) (…) manchino del tutto  (…) i ‘precisi studi scientifici’ necessari per poter procedere all’emanazione alla disciplina restrittiva degli orari”.

I Giudici, infine, non  risparmiano  l‘ordinanza della censura del principio della proporzionalità.   Ed infatti, viene denun- ciato il fatto importante secondo cui “L’ordinanza (…) appare poi essere caratterizzata  dalla sostanziale  assenza di una qualche  considerazione  degli interessi  dei gestori  (…).   A questo  proposito, devono  ovviamente  essere richiamati,  sia l’’accurato bilanciamento tra valori ugualmente sensibili (il diritto  alla salute e l’iniziativa economica  privata)’ ritenuto necessario  dalla precedente giurisprudenza   (…), sia il più generale  <<congruo  contemperamento  di  interessi  diver- si normativamente tutelati  anche  a livello costituzionale>> (…); appare  impossibile  negare  come  l’atto  impugnato  sia da ritenersi  sicuramente  viziato, non contenendo una qual- che considerazione  degli interessi  dei gestori delle struttu- re e dell’’indotto’ correlato ed il conseguente bilanciamento con le esigenze di prevenzione  della ludopatia. Il sostanzia- le  unilateralismo   dell’atto  impugnato   (che  considera  solo le esigenze  di prevenzione  della ludopatia) e la mancanza completa di una qualche considerazione  degli interessi contrapposti appaiono poi ancora più rilevanti, in un contesto in cui l’importanza percentuale  della riduzione  oraria imposta agli esercenti (in precedenza, la detta attività era, infatti, per- messa  senza  limitazioni  d’orario) e l’esiguo numero  di ore rimaste a disposizione (solo 4) portano a ritenere  concreto il pericolo che la disciplina limitativa possa risolversi nella pratica interdizione di un’attività che, al contrario, continua  ad essere permessa  dallo Stato; ed il tutto in un contesto in cui la giurisprudenza  (…) ha considerato  ex se lesive del principio di proporzionalità discipline  limitative  degli  orari  di apertura  degli esercizi di gioco caratterizzate  da limitazioni d’orario in termini  percentuali  minori di quelle previsti, con riferimento alle Vlt., dall’ordinanza impugnata”.

Alla luce dei principi così ordinatamente esposti da queste due sentenze  si potranno  e si dovranno  esaminare  anche le altre ordinanze  sugli orari che i Comuni  non  stanno  mancando  di proporre  nonostante il perdurare  dei lavori della sempre invocata Conferenza Unificata.

 

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