FUORI ORARIO ( GIOCONEWS SETTEMBRE 2015)

Le limitazioni di orari sono proporzionate? Il Consiglio di Stato guarda alle ore di apertura assicurate agli operatori legali.   —   Il Consiglio di Stato in materia di limitazioni di orari richiama la Corte Costituzionale, non si pronuncia sull’inidoneità della misura o sulla distinzione tra gioco legale e gioco illegale o sull’incompatibilità con i livelli di servizio, ma fornisce un interessante spunto per la valutazione della proporzionalità dei limiti imposti agli operatori legali.

Con la recente sentenza n. 3778/2015 del 1 agosto 2015 il Consiglio di Stato ha chiuso la vicenda relativa all’impugnazione del 2011 dei provvedimenti limitativi degli orari di funzionamento degli apparecchi, imposti presso il comune di Salerno, rigettando il ricorso di operatori legali all’epoca incentrato essenzialmente sui proposti profili di incompetenza dei comuni in materia di giochi.

La sentenza giunge al rigetto richiamando in larga parte le motivazioni della nota decisione della Corte Costituzionale 220/2014, adita peraltro nel primo grado del medesimo procedimento.   Inoltre, in un passo breve ma significativo il Consiglio di Stato dedica una riflessione alla valutazione della congruità e della proporzionalità della misura limitativa di orari.

La prima riflessione che la lettura del documento impone è data dal fatto che non vengono presi in considerazione ulteriori, diversi e specifici profili che riguardano altri provvedimenti limitativi di orari la cui legittimità è attualmente messa in discussione presso i Tar competenti.  In particolare, non vengono affrontati i seguenti temi:  (i) la mancata valutazione del fatto se le lesioni degli interessi tutelati (la ludopatia o come nel caso di Salerno il traffico) abbiano origine nella diffusione dell’offerta di gioco legale o piuttosto nell’incontrollato proliferare della offerta di gioco illegale sul territorio; (ii) l’inidoneità della misura rispetto allo scopo (la riduzione di orari si presenta palesemente come non idonea sotto il profilo scientifico ad arginare il fenomeno della dipendenza da gioco); (iii) l’incompatibilità dello spegnimento degli apparecchi con la normativa anche convenzionale che impone monitoraggi costanti degli apparecchi e livelli di servizio di lettura dei medesimi che potrebbero essere compromessi per effetto degli imposti spegnimenti.    Ma su questi temi si dirà diffusamente in altre occasioni.

La seconda riflessione suggerita dalla sentenza, ed è quella che oggi vuole mettersi in evidenza, è data dal fatto che su richiesta dell’operatore il Consiglio di Stato dimostra di ritenere corretto spingersi ad operare la valutazione di congruità e proporzionalità dei limiti del provvedimento di Salerno, soffermandosi su un’analisi del peso della limitazione di orari, giungendo a contare il numero di ore di chiusura imposta e dunque il numero di ore lasciate a disposizione degli operatori legali per erogare il servizio pubblico di distribuzione del gioco legale (perché come tale l’ordinamento giuridico lo qualifica).

In particolare il passaggio di interesse è il seguente:    “(…) l’articolazione degli orari di apertura dei locali o di accensione e spegnimento degli apparecchi (…) appaiono criteri congrui, adeguatamente motivati per attuare il criterio della proporzionalità, di cui parte appellante ha dedotto la violazione, tenuto conto che anche nel periodo scolastico risulta comunque assicurata un’apertura delle sale di 14 ore giornaliere, mentre nei giorni festivi e nel periodo non scolastico tale apertura risulta ulteriormente incrementata fino a 17 ore, dati che mal si conciliano con l’asserita penalizzazione dell’iniziativa economica e tali invece da determinare un congruo contemperamento di interessi diversi normativamente tutelati anche a livello costituzionale”.

In via incidentale va messo in rilievo che la sentenza nell’indicare gli orari di apertura consentiti delle sale (14 ore nel periodo scolastico e 17 ore nel periodo festivo) non coglie che il provvedimento di Salerno impugnato preveda invece per le AWP un orario ulteriormente ridotto (a circa 9 ore per il periodo scolastico) per il quale, si ritiene, avrebbe operato una valutazione specifica di non proporzionalità, coerentemente col fatto di avere ritenuto proporzionato il doppio delle ore di apertura.

Detto questo, e venendo alla riflessione di carattere generale, più recenti provvedimenti adottati da altri comuni limitativi di orari, pure attualmente impugnati, consentono ore di funzionamento al gioco legale in un numero pari a circa la metà di quello considerato congruo e proporzionato dal Consiglio di Stato per la città di Salerno.

Ed infatti, non sono rari i casi in cui i provvedimenti stabiliscano una chiusura/non funzionamento dell’attività di 8 ore al giorno, a fronte di un arco temporale della giornata lavorativa di 16 ore, con la conseguenza che quella che il Consiglio di Stato definisce un’apertura “assicurata” non è di 14 o 17 ore, bensì di sole 8 ore.

Più volte dagli operatori legali viene messo in luce che con ciò risultano lesi (i) interessi specifici (abbattimento radicale – e non mera riduzione – delle entrate per l’attività, commisurate ai volumi di gioco legale); nonché (ii) interessi generali di ordine superiore quali sicurezza e ordine pubblico (la chiusura imposta al gioco legale favorisce la diffusione del gioco illegale), da un lato, ed esigenze di gettito erariale (abbattimento radicale – e non mera riduzione – delle entrate dello Stato e dell’amministrazione commisurate ai volumi di gioco), dall’altro.

In particolare, riguardo agli interessi specifici ogni ora di chiusura imposta al gioco legale incide direttamente, negativamente e drasticamente nella sfera economica degli opertori legali in quanto i corrispettivi sono commisurati al volume delle giocate.  Viceversa la gran parte dei costi sostenuti e da sostenere sono fissi (si pensi a titolo esemplificativo al costo per la gestione della rete telematica, al costo dei dipendenti, al costo degli investimenti fatti, al costo per l’uso dei locali).    Tale circostanza comporta necessariamente uno squilibrio economico (i costi superano i ricavi in modo strutturale, non in via temporanea) e finanziario (non ci sono e non ci saranno più i flussi in entrata attesi per pagare le spese prefissate).    Squilibri che, come detto, assumono carattere strutturale per il fatto che sono imposti da provvedimenti che non hanno carattere temporaneo.

Ed a proposito della proporzionalità si noti che non si tratterebbe di una mera riduzione dei ricavi o una mera riduzione di gettito erariale, come pure in qualche pronunzia si è letto, posto che le ore di apertura assicurate al gioco legale, sostanzialmente solo 8, sono il 50% (!) dell’orario giornaliero di funzionamento (!), il 50% delle ore ritenute congrue dal Consiglio di Stato per le sale della città di Salerno (come detto 14/17).

Nel caso di molti provvedimenti attualmente impugnati, gli effetti che si producono sono come quelli che si determinerebbero chiedendo/imponendo ad un’azienda di lavorare da gennaio a giugno, rimanendo chiusa da luglio a dicembre, pur sostenendo tutti i costi dell’intero anno.

La riduzione sproporzionata diviene poi insostenibile se solo si pensa agli investimenti fatti dagli operatori legali prima dell’entrata in vigore dei provvedimenti ed all’imponente coevo ulteriore versamento imposto agli operatori legali con la nota legge di stabilità (Legge 190/2014, articolo 1, comma 649, e Decreto ADM del 15 gennaio 2015).

E’ noto che il principio di proporzionalità va ricercato tra quelli generali dell’attività amministrativa.    Tale principio comporta che le misure adottate in asserita salvaguardia di interessi pubblici sono illegittime se impongono al privato un sacrificio eccessivo rispetto alla salvaguardia dei medesimi pubblici interessi raggiungibili con misure alternative.    In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che “l’autorità (…) è sempre vincolata al rispetto dei principi di (…) proporzionalità e coerenza tra  le circostanze di fatto e  il contenuto dell’atto e a quello del minor sacrificio possibile per i privati destinatari del provvedimento idoneo ad incidere negativamente sulla loro sfera giuridica” (cfr. Cons. Stato, 23.8.2000, n. 4568).

E pertanto una valutazione di tale equilibrio può e deve esser fatta in sede giudiziale, con la dovuta accortezza e precisione, senza pregiudizi, rappresentando una circostanza vitale per la prosecuzione delle attività degli operatori legali e dunque per gli interessi specifici e generali rappresentati.

Ebbene, nel caso dei provvedimenti attualmente impugnati, per quanto detto, la chiusura imposta al gioco legale non è certamente proporzionata e non ricerca certamente il minor sacrificio possibile del privato determinando l’assicurazione di un’apertura limitata a sole 8 ore giornaliere: si parla dunque di una menomazione dell’iniziativa economica al punto da impedirle di esercitare l’attività per la metà del tempo.

L’auspicio è che di dette riflessioni si tenga conto nelle valutazioni dell’illegittimità di provvedimenti attualmente impugnati, anche prima che entri in vigore il disegno di legge del Governo attuativo della Delega fiscale che tra le altre indicazioni con estrema chiarezza precisa che: (i) “Nell’esercizio delle loro potestà (…), le Regioni e i Comuni conformano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni della presente legge che costituiscono disposizioni di coordinamento nazionale in materia di gioco, astenendosi dall’introdurre misure o assumere azioni idonee a vanificare l’unitarietà del quadro regolatorio nazionale di fonte primaria in materia di giochi pubblici”;  (ii) “In sede di Conferenza unificata lo Stato, le Regioni e gli enti locali sanciscono intese in ordine alla distribuzione territoriale delle sale da gioco (gaming hall) che offrono i giochi (…)   Le intese, in ogni caso, devono risultare tali da assicurare la possibilità di concessioni di gioco uniformi a livello statale e sull’intero territorio nazionale, nonché la salvaguardia dei loro valori patrimoniali”.

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