Gli emolumenti degli amministratori non residenti fiscalmente in Italia (Rivista Tributi del Ministero delle Finanze – Anno 2002)

Nei consigli di amministrazione di società italiane sempre con maggiore frequenza si insediano soggetti non residenti in Italia.    Di seguito, sia pure sinteticamente, se ne affronto i relativi risvolti natura fiscale.

Accade che nei consigli di amministrazione di società residenti sul territorio nazionale trovino spazio consiglieri cittadini di paesi diversi dall’Italia e da considerare non residenti nel territorio dello stato da un punto di vista fiscale.    In tali circostanze, solitamente si chiede di verificare il trattamento fiscale relativo agli emolumenti che potrebbero essere erogati dalla società in favore di detti soggetti.    E’ di tutta evidenza che, attesa la natura del quesito, ogni analisi effettuata nel presente deve ritenersi relativa esclusivamente:    (i) ai profili fiscali individuabili in capo ai soggetti percettori degli emolumenti e non anche in capo alla società erogante; nonché    (ii) al diritto italiano, sia pure alla luce delle disposizioni delle convenzioni contro le doppie convenzioni eventualmente applicabili.

E’ di tutta evidenza che la cittadinanza straniera dei soggetti interessati non costituisce presupposto strettamente rilevante ai fini fiscali che qui rilevano.    La cittadinanza del soggetto potrebbe, invece, rilevare nella misura in cui essa sia italiana determinando l’inversione dell’onere della prova identificato nel comma 2-bis dell’articolo 2 del D.P.R. 917/86.    Ciò che conta è, piuttosto, la residenza fiscale, consistente essenzialmente nel luogo in cui il soggetto deve considerarsi stabilito ai fini fiscali.    È la residenza fiscale del soggetto, in sostanza, che identifica la giurisdizione tributaria di riferimento.

E’ noto che la residenza fiscale, dunque la giurisdizione tributaria di riferimento, può essere individuata applicando:    (i) in via preliminare, le disposizioni contenute nei diritti interni dei paesi in cui il soggetto conduce la propria vita, ovvero svolge la propria attività;    (ii) successivamente, in caso di un eventuale conflitto tra le disposizioni degli ordinamenti giuridici dei paesi interessati e, quindi, qualora dalle norme dei diritti interni consultati risulti che il soggetto deve ritenersi residente fiscalmente in entrambi i paesi, potrà farsi ricorso alle disposizioni della convenzione contro le doppie imposizioni, eventualmente stipulate tra i paesi interessati.

Con riferimento agli amministratori che alla data dell’assunzione dell’incarico di amministratori abbiano residenza fiscale in un paese diverso dall’Italia occorrerà, tra l’altro, verificare se l’assunzione dell’incarico e lo svolgimento del medesimo determini quello che potrebbe essere definito un cambio di residenza fiscale, dall’originario paese di residenza a quello italiano.

Di seguito, dopo una breve premessa relativa al trattamento fiscale riservato agli emolumenti erogati in favore degli amministratori da considerarsi residenti fiscalmente in Italia, si definiscono i caratteri essenziali del trattamento fiscale riservato agli emolumenti erogati in favore di amministratori da considerarsi non residenti in Italia.    Peraltro, nonostante il tema proposto sia focalizzato esclusivamente sugli aspetti fiscali, si ritiene che l’analisi non possa prescindere da una sia pure sintetica esposizione dei profili previdenziali.    In ultima analisi si affronta la questione dell’eventuale spostamento di residenza fiscale dal paese originario di residenza all’Italia.

 

  1. Amministratori residenti fiscalmente in Italia.

 

E’ noto che in linea di principio l’attività di amministratore, secondo il diritto italiano, deve essere inquadrata nella fattispecie della cosiddetta “collaborazione coordinata e continuativa” e che essa è una fattispecie che non costituisce né attività professionale, né attività di lavoro dipendente.    I redditi derivanti dalle collaborazioni coordinate e continuative, e dunque gli emolumenti erogati agli amministratori, sono considerati, da un punto di vista fiscale, assimilati ai redditi di lavoro dipendente a condizione che le collaborazioni:    (i) non siano svolte da professionisti in società esercenti un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione (i.e. ingegnere amministratore in società di ingegneria, ovvero, più in generale, dottore commercialista);    (ii) non siano svolte nell’ambito delle mansioni proprie del lavoro dipendente ([1]).    In definitiva, la regolamentazione di riferimento per la verifica del trattamento tributario ad essi riservato va ricercato nelle norme che regolamentano il trattamento tributario dei redditi cosiddetti assimilati ai redditi di lavoro dipendente, ai quali si applicano le disposizioni relative ai redditi di natura dipendente([2]).    In considerazione di ciò, di seguito se ne elencano alcune caratteristiche.

In linea di principio può qui sintetizzarsi che (i) trovano applicazione le norme fiscali che disciplinano le erogazioni liberali, i contributi previdenziali e assistenziali, i fringe benefit, il trattamento delle trasferte e dei rimborsi spese di viaggi, vitto ed alloggio, nonché le detrazioni e le agevolazioni concesse ai dipendenti con riferimento alle stock option([3]);    (ii) le disposizioni suddette saranno applicate direttamente dalla società erogante che provvederà ad effettuare le dovute ritenute sugli emolumenti.    In effetti, a differenza di quanto accadeva in passato, la società erogante non si limiterà più ad effettuare una ritenuta proporzionale sui compensi considerati imponibili (pari al 20%), essa, piuttosto, nell’effettuare la ritenuta, sarà tenuta ad applicare, così come sempre avvenuto con riferimento ai redditi erogati in favore dei dipendenti, le aliquote progressive degli scaglioni di reddito previste per le persone fisiche nel cosiddetto testo unico delle imposte sui redditi ([4]).    Inoltre, la società è tenuta a ragguagliare le stesse ai periodi di paga, anche considerando eventuali diritti a detrazioni.    Il ragguaglio va effettuato al termine dell’anno, ovvero alla cessazione del rapporto di lavoro, qualora gli emolumenti non siano predefiniti.

L’amministratore, successivamente, provvederà a inserire l’emolumento percepito nella propria dichiarazione dei redditi da presentare ogni anno e provvederà ad effettuare il pagamento delle dovute imposte, al netto dell’importo trattenuto dalla società in sede di erogazione dell’emolumento.

E’ poi prevista una norma specifica che riguarda il caso in cui gli amministratori di una società svolgano detto incarico in relazione alla loro qualità di dipendenti di un’altra società controllante o collegata alla prima.    A determinate condizioni non concorrono a formare il reddito del percettore gli emolumenti percepiti che siano riversati dall’amministratore al proprio datore di lavoro, in virtù di una clausola prevista nel contratto di lavoro dipendente ([5]).

Qualora l’attività di amministratore sia prestata da un professionista in una società esercente un’attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione ([6]), gli emolumenti devono considerarsi soggetti alla imposta sul valore aggiunto, nella misura del 20%.

Si ritiene di dover segnalare, a questo punto, che gli emolumenti saranno, inoltre, soggetti alle ritenute di natura previdenziale ([7]) ed assicurativa obbligatoria, ove sia riconosciuto sussistente il relativo presupposto consistente nello svolgimento di attività protette quale l’uso diretto di videoterminali ([8]).    La società erogante, inoltre, provvederà, per conto dell’amministratore / collaboratore, ad effettuare i dovuti versamenti in favore dei rispettivi enti.    In particolare, per quel che riguarda gli obblighi relativi alla gestione separata Inps, può segnalarsi quanto segue.

L’amministratore, se non lo ha già fatto per altri precedenti incarichi, è tenuto ad effettuare la iscrizione alla gestione separata Inps.    L’iscrizione avviene con la presentazione di una domanda in forma libera, contenente:    (i) i dati personali e anagrafici;    (ii) il domicilio;    (iii)    il Codice fiscale italiano;    (iv) il numero di partita IVA se professionista o artista e l’iscrizione ad eventuali Albi professionali;    (v) il tipo di attività;    (vi) la data di inizio dell’attività;     (vii) i dati del/i committente/i, denominazione o ragione sociale, codice fiscale, sede.

A decorrere dal 1° gennaio 2002 l’aliquota è pari al 14% (10% per i soggetti che già iscritti ad altra gestione previdenziale obbligatoria), di cui un terzo a carico del collaboratore e due terzi a carico della società, o viceversa nella misura in cui l’amministratore sia un professionista.    In tale ultimo caso, peraltro, il professionista provvede direttamente ad effettuare i dovuti versamenti, senza subire la ritenuta previdenziale da parte della società che, in occasione del pagamento dell’emolumento, provvede a versare all’amministratore la quota si sua spettanza.

 

  1. Amministratori non residenti fiscalmente in Italia.

 

Con riferimento agli amministratori non residenti, assumendo che essi siano da considerare tali anche a seguito dell’assunzione dell’incarico, possono effettuarsi le considerazioni che seguono. Gli emolumenti devono ritenersi soggetti a tassazione in Italia e da qualificare come “redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente” ([9]).    Il fatto che gli emolumenti siano corrisposti in favore di un soggetto non residente in Italia non pregiudica l’integrazione del presupposto della territorialità dell’imposta.    A tal fine, infatti, rileva il principio secondo cui si considerano prodotti in Italia, e dunque ivi soggetti a tassazione, tra l’altro i redditi di lavoro assimilati a quelli di lavoro dipendente se prestati nel territorio dello Stato italiano e comunque se erogati da soggetti residenti in Italia ([10]).

In particolare, con riferimento agli emolumenti erogati da soggetti residenti in Italia, in favore di soggetti non residenti, è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta (i.e. definitiva) da parte della società erogante corrispondente al 30%, e non anche alle aliquote progressive applicabili agli amministratori residenti in Italia ([11]).    La ritenuta del 30% va applicata all’ammontare degli emolumenti, con esclusione delle somme documentate e rimborsate per spese di viaggio, vitto ed alloggio relative alle prestazioni effettuate fuori dalla sede in cui deve svolgere la propria prestazione ([12]).

Le convenzioni contro le doppie imposizioni solitamente stipulate dall’Italia consentono di affermare che gli emolumenti percepiti dagli amministratori non residenti per attività di amministrazione prestata in Italia siano da assoggettare a tassazione esclusivamente in Italia.    Peraltro, a tale conclusione si perviene sia nel caso in cui gli emolumenti siano considerati derivanti da “Lavoro subordinato” ([13]), sia nel caso in cui si consideri la norma specifica dedicata alle retribuzioni ricevute da soggetti nella loro qualità di membri di consigli di amministrazione ([14]).    A diverse conclusioni si perverrebbe, e dunque gli emolumenti risulterebbero tassabili nel paese di originaria residenza, laddove l’attività di amministratore fosse considerata rientrante tra quelle delle professioni indipendenti, quali quelle di avvocati, ingegneri e contabili e laddove questi non operino tramite una base fissa in Italia ([15]).

Gli amministratori non residenti potrebbero considerasi non tenuti al versamento del contributo previdenziale relativo alla cosiddetta gestione separata Inps, qualora essi non siano obbligati alla presentazione in Italia della dichiarazione dei redditi ([16]).

  1. Mutamento di residenza fiscale. La residenza fiscale originaria degli amministratori non residenti potrebbe mutare in residenza fiscale italiana laddove, a seguito dell’incarico di amministrazione in Italia, risulti integrato almeno uno dei seguenti presupposti.    Infatti, si considerano residenti in Italia, da un punto di vista fiscale, i soggetti che per la maggior parte del periodo di imposta risultano iscritti nelle anagrafi della popolazione residente in Italia o hanno nel territorio dello stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile italiano ([17]).    Per domicilio si intende il luogo in cui sono stati stabiliti la sede principale degli affari, degli interessi, anche morali e sociali; mentre, per residenza, si intende la dimora abituale, cioè il luogo nel quale normalmente i soggetti si trovano ([18]).

Carlo Geronimo Cardia

Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Contabile

 

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