26 Set A Trento la Provincia non fa il passo indietro sul distanziometro espulsivo decidendo di affrontare i ricorsi degli operatori. GERONIMO CARDIA (PRESSGIOCHI SETTEMBRE-OTTOBRE 2022)
La vicenda riguarda il distanziometro espulsivo della Provincia di Trento previsto dalla Legge Provinciale Trento n. 13/2015. In particolare si tratta
(i) dell’ art. 5 comma 1, laddove si prevede che “è vietata la collocazione degli apparecchi da gioco individuati dall’articolo 110, comma 6, [TULPS] a una distanza inferiore a trecento metri” da una serie di luoghi sensibili specificamente individuati; nonche’
(ii) dell’art. 14, laddove si prevede che “gli apparecchi da gioco individuati dall’articolo 110, comma 6 [TULPS] posti a una distanza inferiore a quella prevista dall’articolo 5, comma 1, sono rimossi entro sette anni dalla data di entrata in vigore di questa legge se collocati nelle sale da gioco (i.e. 12 agosto 2022) ed entro cinque anni dalla medesima data negli altri casi (i.e. 12 agosto 2020)”.
In particolare i luoghi sensibili individuati dalla norma sono i seguenti: “ a) istituti scolastici di qualsiasi grado, b) strutture sanitarie e ospedaliere, incluse quelle dedicate all’accoglienza, assistenza e recupero di soggetti affetti da qualsiasi forma di dipendenza o in particolari condizioni di disagio sociale o che comunque fanno parte di categorie protette; c) strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario, scolastico o socio-assistenziale; d) strutture e aree ricreative e sportive frequentate principalmente da giovani, nonché centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani previsti o finanziati ai sensi della legge provinciale 14 febbraio 2007, n. 5 (legge provinciale sui giovani 2007); e) circoli pensionati e anziani previsti o finanziati ai sensi della legge provinciale 25 luglio 2008, n. 11 (Istituzione del servizio di volontariato civile delle persone anziane, istituzione della consulta provinciale della terza età e altre iniziative a favore degli anziani); f) luoghi di culto”.
Dal momento dell’entrata in vigore della norma gli operatori hanno notato e rappresentato il rilevante errore tecnico che vizia il distanziometro trentino consistente nel fatto che, per l’eccessivo numero metri di interdizione (i.e. 300 metri) e per l’ampiezza della tipologia dei luoghi sensibili, in fase di applicazione in concreto della normativa finisce per risultare vietata la sostanziale totalità del territorio, anziché sia pure importanti porzioni di esso.
Tale aspetto risulta provato da specifiche perizie di esperti urbanistici con cui è stata denunciata una percentuale di interdizione pari al 96,14% dell’intero territorio,
Una tale percentuale di interdizione è idonea a produrre in concreto l’effetto espulsivo della sostanziale totalità dell’offerta de gioco pubblico interessato dalla misura. Ed infatti:
(i) dal 12 agosto 2015, data di entrata in vigore della Legge Provinciale, si è assistito ad un sostanziale blocco del mercato in relazione alle istallazioni di nuovi di Apparecchi a causa del divieto di cui all’art. 5, poiché nei fatti non sono stati individuati ambienti collocati in aree non vietate;
(ii) dal 12 agosto 2020, primo termine di verifica del distanziometro espulsivo riservato agli apparecchi presenti dagli esercizi c.d. generalisti, la sostanziale totalità degli esercenti ha dovuto rimuovere gli apparecchi trovandosi praticamente tutti in luoghi vietati;
(iii) dal 12 agosto 2022, secondo termine di verifica del distanziometro espulsivo riservato agli apparecchi presenti nelle sale da gioco, la sostanziale totalità delle sale si è vista costretta a rimuovere gli apparecchi ed a chiudere i battenti, trovandosi praticamente tutte in luoghi vietati.
Il divieto sostanzialmente assoluto della norma provinciale, spazzando via l’intera offerta di gioco pubblico interessato dal provvedimento, e’ idoneo a determinare una serie di questioni non manifestamente infondate di legittimità costituzionale.
In particolare, le questioni di illegittimità attengono essenzialmente tra l’altro alla libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Costituzione agli artt. 32 e 47 Costituzione, al principio dell’affidamento ed ai principi posti dalla Conferenza Stato Regioni del 2017.
La politica provinciale nel tempo, come nelle ultime settimane, è stata resa edotta dell’errore tecnico e delle conseguenze sul piano della perdita di posti di lavoro, di gettito erariale e di compromissione dell’ordine pubblico.
Ed è stata anche informata dell’inidoneità della denunziata misura di fatto proibizionistica di contrastare il disturbo da gioco d’azzardo oltre che della capacità della medesima di produrre l’effetto contrario incentivando la ghettizzazione e dunque la compulsivita’ dell’utente problematico come di quello prolifico.
Allo stesso tempo sono anche giunti dal sottosegretario al Ministero dell’Economia delle Finanze con delega ai giochi del Governo Draghi chiari segnali della necessità di attendere la riforma de settore prima di dare attuazione a siffatti distanziometri espulsivi.
Ma la politica locale ha scelto di tenere il punto e di mantenere il termine di espulsione.
Ora in linea di principio gli operatori non potranno neanche impugnare al Tar provvedimenti di chiusura emessi dagli enti del territorio perché questi hanno scelto di limitarsi a indicare i contenuti de legge senza emettere atto dal contenuto chiaramente precettivo.
Svanita la via del ravvedimento operoso della politica (invece dimostrata dalla maggioranza delle regioni del Paese), cristallizzata la norma di espulsione, la via giudiziale che gli operatori stanno affrontando è, salvo eventuali specifiche eccezioni, dunque quella della impugnazione dei provvedimenti sanzionatori innanzi al giudice civile con richiesta di sospensione d’efficacia del pagamento dei medesimi, pur nella consapevolezza dell’esistenza del ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., anch’esso azionabile in sede civile, caratterizzati dalle specifiche complessità.
Alla luce di tutto questo, delle notizie che vengono dalle tante altre regioni, la verità è che sul banco degli imputati debba finire un ordinamento giuridico palesemente atecnico che allo stato non avrebbe dalla sua neanche l’attenuante generica della non consapevolezza del problema e dei numerosi risvolti patologici conseguenti.
Geronimo Cardia