Le percentuali di interdizione dei distanziometri espulsivi sono già state criticate dal Consiglio di Stato. Ma i Tar ritengono che l’1% o il 2% di insediabilità rappresentino porzioni ragionevoli, in violazione del principio del presidio capillare. GERONIMO CARDIA (La distanza del buon senso. GIOCONEWS – maggio 2023)

In questo articolo prendo in considerazione le percentuali di insediabilità residua per effetto dei distanziometri espulsivi della Provincia di Trento (2%) e della Provincia di Bolzano (1%) che nei recenti contenziosi innanzi ai rispettivi Tar sono stati giudicati in qualche modo proporzionati e quindi legittimi, nonostante la violazione del cosiddetto principio del presidio capillare. Ciò è avvenuto nonostante dette percentuali con le altre degli altri territori siano state ritenute un ostacolo concreto ad effettuare le gare per l’assegnazione delle concessioni proprio dal Consiglio di Stato. Ancora una volta deve registrarsi un corto circuito istituzionale che tarda ad essere disinnescato.

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Le sentenze su Trento e Bolzano: via libera ai divieti che lasciano spazio all’1 e 2% del territorio

In una delle diverse e più recenti sentenze emesse dal Tar Trento, la numero 52/2023 relativa al giudizio 144/2022, si legge il seguente passaggio che legittima la percentuale di insediabilità del 2,2%.

In particolare: “L’analisi [i.e. la verificazione operata dal CTU] evidenzia (…) che (…) residua una superficie di complessivi 356,2 ha, pari all’11,2% del territorio comunale urbanizzato, idonea all’insediamento delle attività di gioco lecito (…). La verificazione precisa anche che rapportando i circa 356,2 ha (…) alla dimensione dell’intero territorio comunale (che oltre ai tessuti urbanizzati comprende peraltro anche il sistema dei territori a valenza ambientale e rurale) la percentuale risulta pari al 2,2%. La verificazione prosegue poi affermando che “l’applicazione della distanza (…) non determina una sostanziale preclusione (…) in quanto l’applicazione del criterio della distanza dai luoghi sensibili non comporta un’impossibilità assoluta (…). Inoltre, (…) l’introduzione di una distanza (…) comporta, nei fatti, un effetto di marginalizzazione (ma non di preclusione) dell’attività di cui trattasi.”

Inoltre, come si è già avuto modo di ricordare, qualche settimana prima, il Tar Bolzano nella sentenza numero 49/2023 pubblicata il 6.3.2023 nell’ambito del giudizio RG 196/2018 aveva legittimato l’1% di insediabilità residua parametrato all’intero territorio comunale ritenendo che fosse legittimo il relativo dato di insediabilità del 24% rapportato al solo territorio urbanizzato.

Il tema del rapporto della superficie di insediabilità rispetto al solo territorio urbanizzato ovvero rispetto all’intero territorio comunale. Il principio del presidio capillare.

In prima battuta va chiarito una volta per tutte che il territorio effettivamente ed in concreto insediabile sia se paragonato al più ristretto territorio urbanizzato sia se paragonato all’intero territorio comunale (che include sia il territorio urbanizzato che quello con insediamenti rurali per intendersi) sempre quello rimane in termini assoluti. Per affermare che sia maggiore una percentuale di insediabilità piuttosto che un’altra, solo perché cambia il parametro di raffronto, significa non dare una valutazione del fatto concreto.

Inoltre, per fasi un’idea della proporzionalità e ragionevolezza di un divieto siffatto occorre scegliere come parametro di raffronto quello che consente di avere una visione rispetto agli obiettivi posti dal legislatore (nazionale) che ha deciso di regolare la distribuzione del gioco pubblico sul territorio. Ed in particolare gli obiettivi rispondevano (sin dai primi atti parlamentari) e continuano a rispondere (da ultimo si veda l’Intesa Stato Regioni raggiunta ma non attuta) ad esigenze di presidio dei territori con un’offerta pubblica di gioco di prodotti misurati e controllati dallo Stato per tutelare gli utenti (salute), per assicurate legalità (ordine pubblico), per far mergere larghe fasce di evasione (gettito erariale da emersione).

E tali obiettivi possono essere raggiunti unicamente con una presenza, misurata e controllata sì, ma capillare (si pensi alle norme sulla distribuzione di prodotti come i tabacchi o i super alcolici) sull’intero territorio e non ai margini di esso. Ebbene la capillarità è un concetto che si pone in maniera chiara in antitesi con sostanziale espulsione, marginalizzazione e concentrazione.

Ed ecco che per avere un’idea di adeguato presidio dei territori occorrerebbe un raffronto dell’insediabilità, e dunque a complemento del divieto, rispetto all’intera superficie comunale (tutta da presidiare) e non alla mera parte di essa che sia valutata maggiormente urbanizzata.

In ogni caso, anche ove si volesse valutare la percentuale di insediabilità rapportata al solo territorio urbanizzato, prima di sdoganare una superficie del 11%,2% (Trento) o del 24% (Bolzano) non ci si dovrebbe limitare al mero dato numerico, dovrebbe valutarsi piuttosto quanto queste si esplicitino in autentiche ghettizzazioni che non rispondono al principio della presenza capillare (ridotta sì, ma capillare), pure preteso da ultimo dall’Intesa Stato Regioni.

Ma anche rapportando il dato alla sola superficie urbanizzata l’esercizio pubblico del gioco è paralizzato.

Il punto è anche e soprattutto un altro, decisamente più rilevante.

Sia leggendo lo stesso dato di Trento che esprime il 2,2% di insediabilità sull’intero territorio comunale, e che diventa l’11,2% se parametrato alla sola superficie urbanizzata, sia leggendo lo stesso dato di Bolzano che esprime rispettivamente l’1% o il 24%, non ci si può dimenticare che il Consiglio di Stato ha già avuto modo di esprimere il proprio punto di vista.

Nel 2019 il Consiglio di Stato ha di fatto bloccato l’esecuzione delle gare per l’assegnazione delle concessioni del gioco pubblico interessate dai distanziometri espulsivi rappresentando in concreto perplessità sul fatto che poi potessero mettersi a terra i punti di gioco assegnati.

Tale presa di posizione e la conseguente paralisi delle attività di svolgimento delle gare mettono chiaramente in evidenza il già consolidato orientamento nel valutare non giuridicamente sostenibile divieti dalla portata evidenziata che di fatto paralizzano l’azione amministrativa.

Si tratta in particolare dei pareri come detto del 2019 di cui si è avuto modo di trattare in passato e che qui solo per comodità si richiamano

Con i due pareri interlocutori, resi al Ministero dell’Economia e delle Finanze all’esito dell’Adunanza del 27 marzo 2019, il Consiglio di Stato ha risposto in merito alle proposte di attuazione della gara scommesse e della gara bingo, formulate dal medesimo Ministero nel tentativo di uscire da un regime di proroga che se, da un lato, nell’opinione comune si palesa come eccessivamente prolungato, dall’altro, sempre nell’opinione comune è chiaro abbia origine nel permanere dell’arci-noto problema dei divieti sulla sostanziale totalità dei territori generati dagli errori tecnici che viziano i distanziometri che espellono le realtà esistenti non permettono installazione di nuove (Cfr., in particolare, Consiglio di Stato, pareri interlocutori nn. 1057/2019 e 1068/2019).

Nei pareri il Consiglio di Stato chiede esplicitamente al Governo come possano essere indette le gare per l’assegnazione di nuovi punti di gioco pubblico scommesse e bingo, in sostituzione di quelli in essere scaduti ed in proroga, posto che attualmente, nel 2019, risulta ancora pendente il problema della cosiddetta “Questione Territoriale”.

Inoltre, i pareri pongono un altro tema: quale sia la ragione per la quale non sia stata ancora attuata quell’Intesa tra Stato e Regioni tanto inizialmente voluta dal Governo, poi raggiunta nel 2017 e che chiaramente prevede la presenza, sia pure ridotta tuttavia capillare, dell’offerta di gioco pubblico sui territori, per l’eliminazione dell’Effetto Espulsivo

Conclusioni

Da un lato, le percentuali di insediabilità sono quelle desumibili dalle verificazioni e dalle attività dei consulenti tecnici d’ufficio nominati dai tribunali e non sono valutazioni di parte, peraltro se solo fossero determinate con le precisazioni dei consulenti di parte, le percentuali di insediabilità spesso sono ancora più esigue.

Dall’altro, per quanto sopra, lo Stato stesso, su indicazione del Consiglio di Stato, si vede impossibilitato a fare le gare per l’assegnazione delle nuove concessioni ed è costretto è legittimare un regime di proroga che ormai dura da anni, con ciò vedendosi impedito nell’esercitare come si deve l’azione amministrativa.

Di ciò sono consapevoli sia il legislatore nazionale, sia il Governo con l’Amministrazione di riferimento sia le Amministrazioni locali (molte delle quali hanno già fatto dei virtuosi revirement), sia il potere giudiziario con le prese di posizioni del Consiglio di Stato.

Come uscirne? Oltre che con il riordino, che richiederà i suoi tempi si sa, intanto ci sono i giudizi ancora pendenti nei quali forse potrebbero registrarsi interventi ad adiuvandum da parte delle Istituzioni di riferimento, riprendendo una prassi virtuosa abbandonata da tempo.

Geronimo Cardia



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