Intervista a Geronimo Cardia su Panorama del 28 dicembre 2020 “Algoritmi e biometria lavorano per salvare il gioco da illeciti e ludopatia”

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Strumenti biometrici per riconoscere e bloccare i minorenni, analisi dei dati e algoritmi per stoppare chi eccede o intercettare i comportamenti sospetti. La visione e le prospettive del settore secondo ACADI, l’associazione che rappresenta i concessionari pubblici.

Panorama 28 dicembre 2020

Accertarsi con tempestività che chi vuole giocare abbia l’età legale per farlo e, in caso contrario, bloccarlo con tempestività. Contrastare gli eccessi che portano a disturbi psicologici quali la ludopatia. Combinare le informazioni, usare i big data per individuare qualsiasi traffico anomalo di scommesse e intervenire per contrastarlo. Impedire attività illecite quali il riciclaggio di denaro. Assicurarsi che le macchine funzionino a dovere, restituendo le vincite corrette, né si blocchino o presentino problemi sul fronte della sicurezza. Che siano insomma impenetrabili agli attacchi informatici.

Basta già questo rapido elenco per capire quanto la tecnologia sia cruciale nel settore dei giochi, come ne determini la qualità nel presente e la proietti in avanti, verso il futuro. “Lavoriamo grazie a un aconcessione, un contratto firmato con lo Stato nel qiale sono elencati, fino all’ultima virgola, tutti gli impegni che dobbiamo rispettare. E gli interessi costituzionali che, in parallelo, vanno tutelati: il contrasto all’illegalità, la battaglia ai disturbi dell’azzardo, il rispetto dell’ordine pubblico. Ecco, si può dire che tutto passa dalla piena trasparenza ed efficienza del nostro operato”. A spiegarlo a Panorama.it è Geronimo Cardia, presidente di ACADI, l’Associazione concessionari dei giochi pubblici. Aderente a Confcommercio, rappresenta il 70 per cento del sistema del Bel Paese, fa parte di una filiera che dà lavoro a circa 150 mila persone.

Proprio le norme italiane che, con rigore, regolamentano il gioco pubblico e che a tenaglia creano una barriera contro quello illegale, possono essere un esempio per altri Paesi. A confermarlo è Matteo Marini, Ceo di Admiral Gaming Network, uno dei concessionari autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, tra i più avanti sul fronte dell’innovazione: “Siamo in grado di controllare sempre, in tempo reale, la cifra delle vincite, gli incassi, la quota che va all’erario. Siamo, come comparto, tra i soggetti nel Paese a fare il maggior numero di transazioni. Attraverso i nostri algoritmi riusciamo a scovare subito qualsiasi anomalia. E ci attiviamo di conseguenza, segnalando gli abusi sospetti alle autorità”. Se l’analisi di flussi giganteschi di informazioni è già all’ordine del giorno, la prossima tappa è puntare sulla biometria. “Oggi” ricorda Marini “si usa la tessera sanitaria per appurare la maggiore età del giocatore. È un sistema obsoleto, esistono già meccanismi per calcolare gli anni del soggetto riconoscendone i tratti somatici”. E se il sistema s’inceppa, si predispone l’intervento umano: se chi ha più di 18 anni viene scambiato per uno che ne ha meno, andrà a farsi riconoscere con un documento da un addetto, mentre l’adolescente che ha provato ad entrare senza averne diritto, di certo girerà i tacchi e andrà via”.

Altra strada sarà tenere sotto la lente d’ingrandimento, in automatico, il comportamento di ogni giocatore: “Se eccede, se si riscontra un atteggiamento compulsivo da parte sua, gli si potrà mandare un’allerta sulla macchina o inviare il personale di sala per invitarlo a smettere, fare una pausa, fermarsi”. Di nuovo, l’elemento umano e la tecnologia vanno a braccetto: sono nessi collegati, universi che si supportano a vicenda. Coessenziali per il medesimo obiettivo.

Alberico Cornacchia, Chief Delivery Officer di Novomatic Italia, uno dei più grandi provider globali di soluzioni di ultima generazione applicate al gioco, insiste molto sul lato della sicurezza: “il sistema è stato progettato per andare immediatamente in blocco se qualcosa va storto. Gli standard sono talmente alti che non solo è blindato. Siamo oltre. Non è hackerabile, ecco. È immune agli attacchi esterni. O meglio, lo dirò in modo semplice, parecchio colloquiale: da quando è partito, parliamo di oltre dieci anni, non è mai andato fuori controllo. Non è mai impazzito.”

Cornacchia è bravo a prevenire le domande: ovvio che una slot machine che incamera denaro, che può valere vincite importanti, possa fare gola a qualche malintenzionato che opera nell’immenso digitale. Ebbene, quell’oggetto è stato progettato e costruito per essere impenetrabile. Finora si è sempre rivelato tale. “Inoltre, non può non restituire i soldi che deve ai giocatori. Questo perché i livelli di servizio a cui deve rispondere sono molto stringenti, il monitoraggio per sancirne il pieno rispetto è continuo. Devo dire che dal punto di vista tecnologico, i controlli imposti al settore in Italia non conoscono eguali a livello internazionale”.

Meglio non sbagliare: “Le sanzioni per chi non si dimostra all’altezza sono altissime. Chiunque si affaccia al panorama delle gare, aspira a una concessione, deve essere bravo e solido. Dimostrarsi in grado di sostenere gli investimenti necessari, non solo all’inizio, ma in tutto il corso della sua attività. Un vasto arco di tempo in cui l’aggiornamento tecnologico è costante” ricorda Cardia. Che non può non fare cenno al periodo complesso che l’industria sta vivendo a causa del coronavirus. I numeri, d’altronde, sono abbastanza impietosi. Per l’anno in corso le perdite effettive stimate, e il parallelo gettito erariale, sono superiori al 50 per cento in confronto al 2019. “Per avere una magnitudo del problema per il 2020 rispetto all’anno passato” scrive ACADI in una nota “il tema riguarda circa 5 miliardi di perdite di gettito erariale su 10 dal gioco pubblico e 4 miliardi di perdite di ricavi su 8 per gli operatori del comparto, determinate da calo registrato e stimato dei movimenti netti di gioco pubblico a circa 9 miliardi su 18”.

Per fotografare la situazione e i malumori diffusi, il presidente dell’associazione ricorre a una metafora bellica: “Rispondiamo come si fa nell’esercito, quando si chiede ai soldati se sono in grado di fare il loro lavoro. Non ci tiriamo indietro ma chiediamo aiuto. La normativa che regolamenta il settore va riformata, necessita di un riordino da tempo. Per le ragioni congiunturali, i problemi che già riscontrava si sono molto acuiti”. Persino più che altrove: le sale gioco sono state le prime a chiudere, le ultime a riaprire. Gli orizzonti sono vaghi, incerti. “I nostri strumenti sono pezzi di ferro igienizzabili, però si è preferito dare priorità ad altre attività. Noi non ci arrendiamo, resistiamo, però non sappiamo fino a che punto avremo i mezzi per riuscire a farlo”.

 



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