Effetto espulsivo sotto accusa (Articolo Gioconews maggio 2018)

È ormai qualche tempo che si attende la sentenza del Consiglio di Stato in merito all’impugnazione della sentenza del Tar Piemonte R.G. 157/2017 inerente il regolamento del Comune di Domodossola che si è discussa nel merito il 22 febbraio 2018. L’attesa è legata al fatto che quella potrebbe essere una delle sedi per l’accertamento dell’effetto espulsivo che vizia il distanziometro imposto al gioco legale (e da subito alle Awp di bar e Tabacchi) dalla legge Piemonte. Non è un caso che il Consiglio di Stato, in occasone delle verifiche analoghe richieste mesi fa dagli operatori  in merito alla legge Provincia di Bolzano, abbia  già dimostrato di non vederci chiaro sulle tesi protezionistiche della Provincia, nominando all’uopo un Ctu che chiarisca se esiste veramente effetto espulsivo, quale conseguenza questo  determini sulla domanda prima e sull’offerta di gioco poi, presupponendo dunque analisi economiche di sintesi di valutazioni urbanistiche e mediche. Dunque, anche dalla stessa sede potrebbero giungere notizie importanti per sbloccare il braccio di ferro con le Regioni per l’effetto espulsivo del proibizionismo inflitto al gioco legale dalla normativa locale (come ampiamente descritto nel libro: “La Questione Territoriale”, edito da GnMedia, che raccoglie scritti dal 2011 ad oggi). Ed infatti, è ormai fatto notorio che la normativa regionale e comunale sviluppata in Italia tra il 2011 ed il 2015 abbia previsto in materia di gioco legale una regolamentazione di “distanziometri” sempre diversi e sempre viziati da effetto espulsivo con la conseguenza dell’effetto espulsivo è stata duplice: per anni si è assistito ad un blocco del mercato che ha impedito l’installazione di nuove realtà distributive di gioco legale sui territori di volta i volta interessati; inoltre  allo scadere  del periodo  di bonus concesso  alle realtà esistenti,  ha posto le basi per la espulsione  di queste  ultime generando importanti contenziosi ancora in essere. Il braccio di ferro non vede tanto il comparto del gioco legale come protagonista (esso è piuttosto un’autentica vittima dell’intera vicenda). Il braccio di ferro, più o meno vistoso, è in realtà tra i legislatori di Regioni e Comuni, da un lato, e quello nazionale, dall’altro. Il legislatore nazionale, infatti, ha da sempre avuto questo problema e da sempre ha cercato di risolverlo e con diversi tentativi, da ultimo con l’Intesa del 7 settembre 2017 concepita in Conferenza Unificata, ancora   orfana dei decreti attuativi, ma prima trasfusa nell’articolo 1 comma 1049 della emanata  legge di Stabilità per il 2018, che impone il precetto secondo cui “le Regioni adeguano le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti  vendita  del gioco pubblico all’intesa sancita in sede di Conferenza Unificata il 7 settembre 2017”, e poi valutata quasi tamquam non esset da un provvedimento  recente  e non condivisibile del Tar Veneto. È evidente che i numerosi e ormai anziani insuccessi dell’ordinamento giuridico italiano di darsi una regolamentazione ordinata  e  coerente, da un lato, stanno  facendo salire la temperatura all’offerta di gioco legale del comparto  al punto  che ormai  non sembra potersi più parlare di febbre passeggera  e, dall’altro, non stanno dando  alla domanda  di gioco dei giocatori la regolamentazione che merita per arginare nella giusta misura  e con i giusti  strumenti le vere esigenze  di tutela  da  gioco d’azzardo patologico. Per questo si attende la pronuncia da uno dei tanti ormai giudici aditi a cui è stato sottoposto l’effetto espulsivo, la sua illegittimità, il suo contrasto con i principi costituzionali e comunitari. La risposta può giungere da un giudice amministrativo (come nel caso in esame di Domodossola) o da un giudice civile (per le impugnazioni di multe), ovvero ancora da un giudice contabile ove ritenga di valutare la congruità rispetto alla finanza pubblica di iniziative come quelle regionali che, da un lato teorico, affermano di volere restringere l’offerta di gioco legale e, dall’altro in concreto per errore tecnico, invece la escludono in modo sostanzialmente totale.

I PROFILI DI ILLEGITTIMITÀ – Anche il regolamento di Domodossola dovrebbe essere dichiarato illegittimo perché l’effetto espulsivo interessa il distanziometro dell’intera Regione Piemonte. Ed infatti, per l’estensione della linea di interdizione (300/500 metri) e/o per la numerosità dei luoghi sensibili individuati non vi sono vie o aree nei comuni in cui possa essere esercitata l’attività del gioco lecito. In particolare, dalle perizie aventi ad oggetto il territorio del comune di Torino, così come il territorio di altri comuni dall’estensione più contenuta, emerge l’illegittimo effetto espulsivo con percentuali di interdizione spesso superiori al 99 percento. Tale circostanza di fatto, macroscopica, vizia la Legge Regionale rendendo non manifestamente infondate le questioni da tempo sollevate. In particolare, la violazione interessa: l’articolo 3, comma  1, della Costituzione (risultando scalfito in misura evidente il principio di ragionevolezza delle scelte legislative, che certamente non possono andare oltre lo scopo – qui vietare totalmente invece di ulteriormente regolamentare – e principio  di eguaglianza delle situazioni disciplinate rispetto ad altre situazioni analoghe); l’articolo 41 della  Costituzione  (non vi è alcuna proporzione  tra l’abbattimento dell’offerta legale, da un  lato,  e  l’inefficacia della  misura  proposta, dall’altro);  l’articolo 42  della Costituzione (l’effetto espulsivo va visto come un sostanziale esproprio con lesione del legittimo affidamento, senza bilanciamento  di interessi  o indennizzi);  l’articolo  97 della  Costituzione  (l’effetto espulsivo è in evidente contrasto  con i principi del buon andamento e dell’imparzialità dell’Amministrazione); l’articolo 117, comma  1 Costituzione,  posto che il distanziometro viziato da effetto espulsivo è in contrasto, per tutte le rilevate ragioni, con gli artt. 49 e 56 Tfue e con l’art. 1, prot.1, Cedu. Altrettanto chiare sono le violazioni dei principi  comunitari  che interessano:  i già richiamati  articoli 49 e 56 Tfue (per il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera  prestazione dei servizi, senza oneri o limiti irragionevoli o discriminatori); l’articolo 106 e 107 Tfue (per il divieto di adozione  di misure contrarie  alla libera concorrenza (art. 106 Tfue) e il divieto di aiuti di Stato che alterano  la libera concorrenza); il richiamato  articolo  1,  protocollo, 1  della Cedu (per la violazione  del principio del legittimo affidamento); l’articolo 9 Tfue (per la violazione  del principio della tutela e promozione dell’occupazione). E per rispondere   a pareri che sono balzati alle cronache basti qui rammentare che qui non è in discussione l’autonomia degli Stati membri quanto alla disciplina del gioco lecito sul proprio territorio, essendo pacifico che, in assenza di una specifica normativa Ue, gli stessi – così come le proprie Regioni – possano introdurre in materia le proprie regole nel rispetto di quelle generali imposte dal Tfue. La violazione denunziata attiene alla modalità adottata dallo Stato italiano – e in particolare dalle Regioni e ancor più in particolare dalla Regione Piemonte – che di fatto, a differenza anche di quanto dichiarato nelle intenzioni di solo ridurre l’offerta, si risolve invece in una misura totalmente espulsiva e quindi proibizionistica. Cliccando qui puoi scaricare il PDF del documento Ciò detto, non può non richiamarsi la Corte Costituzionale che ha già dimostrato interesse di tale fatto della vita quando le è capitato sott’occhio il distanziometro viziato da effetto espulsivo della Legge Regione Puglia. Ma in quel caso, pur dedicando ampio spazio alla descrizione della circostanza, ha chiarito di non potersene occupare perché non atteneva al thema decidendum. Insomma, per un motivo o per un altro l’effetto espulsivo si sta di- mostrando sempre più scomodo da affrontare. Ma forse i tempi cominciano a essere maturi.

 

 

 

 



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